Rabarama
Parecchi anni fa ebbi modo di conoscere le opere di Rabarama vedendole in una trasmissione televisiva. Me ne sono subito innamorato, tanto mi colpirono quelle sculture. Da allora quelle opere mi sono sempre rimaste nel cuore. Approfitto di questo spazio che mi sono concesso per poterne parlare e per poter mostrare alcuni mirevoli lavori. Rabarama è lo pseudonimo di Paola Epifani, giovane donna (1969) romana, da sempre proiettata nel mondo dell'arte e della comunicazione visiva. I suoi strumenti preferiti sono la scultura e gli oli su tela.
Le sua raffigurazioni mostrano spesso figure umane, in pose plastiche, individuidi asessuati che incarnano l'individualità e la generalità di specie al contempo. Le figure sono "semplici", eppure estremamente comunicative, cariche di una potenza non consueta: è l'elemento che mi ha subito colpito nei suoi lavori.
Come sempre nell'arte dovrebbe essere (vedi anche questo post e i relativi commenti) è il bello che prevale su tutto. Guardo le opere di Rabarama e mi dico: che belle!
Unitamente all'espressività, alla comunicazione e alla sensazione nelle opere di Paola Epifani c'è anche la sostanza, la tecnica. Mi risulta evidente la perizia della tecnica scultorea e di quella pittorica poste nel realizzare quelle figure, e credo risulteranno manifeste agli occhi di ogni osservatore. Sembra evidente la ricerca della perfezione, la disciplina, l'equilibrio delle forme, la perfetta organizzazione degli elementi.
Fotografie su Flickr: 1 2 3
Un articolo in controtendenza: ruberama
Spazio su Wikipedia: biografia e opere
Belle le opere, ma lei è fantastica. Che bonazza.
RispondiEliminaPersonalemente non amo il suo stile; ma trovo davvero affascinante la creatività e lo studio dietro le sue opere.
RispondiEliminaCiao, Elena
Paola Epifani, Rabarama, Roma 1969. Attualmente vive e lavora a Padova.
RispondiEliminaFiglia d’arte, dimostra fin da bambina un innato talento per la scultura. La sua educazione artistica si forma dapprima al Liceo Artistico di Treviso e successivamente all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Diplomatasi a pieni voti nel 1991, prende parte fin da subito a numerosi premi nazionali e internazionali di scultura.
Il 1995 è l’anno della svolta; inizia la sua collaborazione con la galleria Dante Vecchiato, fondamentale per l’elaborazione delle future tematiche artistiche e della sua promozione in ambito nazionale e internazionale. Da questo momento l’artista sviluppa una personalissima ricerca, che prende avvio da una particolare visione del mondo e della vita, basata in primis sulla negazione del libero arbitrio, la predestinazione degli eventi e la riduzione dell’uomo a semplice computer biologico.
Da ciò deriva l’immersione totalizzante dell’essere in una dimensione intima e implosiva, rappresentata dal confine corporeo della pelle.
L’espressività dei soggetti è perlopiù assente, azzerata da una ricerca cristallizzata e condizionata da un mondo regolato unicamente attraverso rapporti causa-effetto, che ha per comune denominatore la programmazione standardizzata della specie. L’universo è pertanto concepito come gioco di incastri, metafora di un puzzle in cui ogni singola parte trova il suo inserimento in un determinato (o più propriamente predeterminato) punto spazio-temporale. Paradossalmente questa visione pessimistica sfocia nella disperata ricerca del soprannaturale, da riscoprire attraverso il flusso dell’energia creatrice, intesa quale possibile fuga dalla realtà e probabile rifugio.
La membrana che avvolge queste figure mutando di concetto in concetto assume sempre nuovi segni, simboli e metafore. L’alfabeto indica il limite interno presente nel linguaggio, oltre che il nostro essere singolari-plurali (secondo la concezione del filosofo Jean-Luc Nancy e tanto presente nel teatro pirandelliano); geroglifici, puzzle e nidi d’ape sono la visualizzazione del genoma, le infinite combinazioni e varietà possibili insite nell’umanità, visualizzate nei labirinti mentali in cui è materializzata la multiforme complessità dell’io.
I tatuaggi tridimensionali incisi sulla pelle assumono nuove forme simboliche; forando completamente la “corazza” protettiva l’energia interiore entra a diretto contatto con l’ambiente esterno, mettendo in moto un’incessante fuga dalla materia (corrispondente all’esistenza biologica, all’essere vegetativo).
La fase successiva dell’esplorazione artistica di Rabarama consiste nella realizzazione di uomini-albero ricoperti di corteccia e intessuti da fili d’erba, che riconducono al legame simbiotico e inconscio della stirpe umana con la grande “Madre”, proponendo quale soluzione possibile all’allontanamento dell’uomo contemporaneo dallo stato di natura l’abbandono del corpo e la dispersione della materia verso la trasmigrazione dell’anima.
Attraverso l’uso di resine che avvolgono le sculture antropomorfe, Rabarama si ricollega alla fase iniziale di vita dell’uomo, quando la placenta con il suo liquido amniotico vitale avvolge e prepara nuova vita. La superficie della figura scolpita, membrana di confronto/scontro col mondo esterno, mediante la quale si attua il primo stadio verso una possibile elevazione, è totalmente ricoperta da croci e stelle, ricollegandosi con l’universo e l’energia cosmica, di cui tutti siamo pervasi.
Rabarama è considerata dalla critica e dal collezionismo più esigente un’artista completa.
La sua produzione è alquanto eclettica, diversificandosi tra le sculture di terracotta, bronzo dipinto, marmo, vetro, e la pittura ad olio, le inclusioni di resina, i gioielli d’artista in oro, i recenti monotipi in gomma, le opere grafiche.
bellissime le sue opere .....la conoscrò
RispondiEliminaangelo
Sempre il solito nepotismo italiano...sicuramente la bellezza paga più di dell' arte in questo paese corrotto... E sponsorizziamo queste merdate !
RispondiEliminaTutte le opinioni sono ben accette.
RispondiEliminaSpecie se sono firmate. Grazie.