Pasta di carta

Ricevo - pochi istanti fa - un SMS da una amica emiliana alla quale è stata commissionato il restauro digitale di una lettera dell'800, che si presenta spezzata in quattro parti disomogenee. La persona in questione si adopera con Photoshop per ottenere il miglior risultato possibile e quindi stampare la lettera in versione integra. Il committente, uno studioso locale, avanti negli anni - più vicino ai 90 che agli 80 - chiedeva alla grafica se avesse usato pasta di carta per riuscire a saldare così bene la lettera.
Detta così ... la cosa fa un po sorridere, e da il segno di quanto il mutare dei tempi e delle tecnologie abbia reso preistoriche certe tecniche - e persino certi modi di affrontare i problemi - che fino a poco tempo fa erano, invece, normali.
Questo SMS mi ha spinto a postare sul blog qualche informazione sulla pasta di carta, prima che diventi troppo "antica" per poter essere conosciuta.

La pasta di carta - Per oltre cinquecento anni la storia della carta è stata vincolata a quella della sua materia prima: gli stracci.
Gli stracci sono stati una materia prima, rara e preziosa, raccolta per generazioni dagli stracciaroli. È piuttosto singolare che, in origine, l’industria della carta sia riuscita a svilupparsi in Occidente solo grazie a un capriccio della moda. È stata infatti un’innovazione verificatasi nel XIII secolo nel campo dell’abbigliamento a diffondere la moda del lino e l’uso della camicia nonché della biancheria intima. Grazie a questa nuova abitudine, che ha permesso l’accumulo di stracci per secoli, si è resa disponibile la materia prima indispensabile alla fabbricazione della carta. Prima di poter essere utilizzati, gli stracci accumulati devono essere accuratamente lisciviati, imbianchiti al sole, ripuliti di tutti i corpi estranei e le sporcizie dannosi per la qualità della pasta, quindi tagliati a strisce. A questa operazione segue uno smistamento meticoloso sulla base della qualità del tessuto, dello stadio di usura e del colore. Dopo essere state abbondantemente bagnate, le strisce di straccio vengono messe a fermentare per diverse settimane in un maceratoio. La materia ottenuta veniva trasportata nel mulino e gettata nelle pile piene d’acqua, dove era sfibrata e battuta fino a essere ridotta in poltiglia. I magli – degli enormi martelli di legno muniti alle estremità di appositi chiodi appuntiti – si sollevavano e ricadevono uno dopo l’altro nelle rispettive pile con un movimento regolare e alternato indotto dall’albero a camme del mulino. A questo primo lavoro di sfilacciatura, che richiede da dodici a trentasei ore, segue una seconda fase di triturazione più fine (la raffinazione) durante la quale si faceva passare la pasta in altre pile, dotate di magli chiodati a testa piatta, i quali trasformavano gli sfilacci in fibre. La materia viene così ridotta a una sospensione fibrosa di colore biancastro: la pasta di carta.

Le informazioni sulla pasta di carta sono state tratte dai lavori di Maria Gioia Tavoni (Università di Bologna) - sito web >>

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