Gli uomini possono dividere quello che posseggono, ma non se stessi.
(Charles Langbridge Morgan)
(Charles Langbridge Morgan)
Sempre mi sono chiesto cosa sia definibile sotto l'etichetta "arte". L'arte, nel suo significato più ampio, comprende attività umane che conducono a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità - innate e derivate - e sul frutto di istinto, studio ed esperienza. O forse niente di tutto questo.
Forse ciò che definiamo arte non ha un valore estetico, comunicativo, espressivo, di significato, che sia intrinseco. Forse arte è qualsiasi cosa definiamo arte. Forse è arte ciò che collettivamente apprezziamo come opera, un ruolo in cui la pubblicità dell'opera vale più dell'opera stessa - al fine della artizzazione della creazione.
Mi chiedo quanto la Gioconda sia opera d'arte in se e quando la diffusa conoscenza della Gioconda come opera d'arte contribuisca a farne icona dell'arte umana. Quale valore consente di catalogare la Pietà del Michelangelo nel novero delle opere d'arte? Ci sono tele appena dipinte, sculture dimenticate in un laboratorio, serigrafie prodotte da giovani studenti d'accademia, manoscritti che non troveranno mai - o troveranno, ma senza diffusione - la stampa, che sono "opere d'arte" magnifiche, se solo venissero qualificate come tali.
In definitiva, secondo me, l'arte come categoria assoluta non esiste. E' piuttosto una etichetta da associare ad opere umane collettivamente condivise ed assunte come significative. Magari sono anche brutte per me come individuo, ma sono belle (o accettate come tali) in senso collettivo.
C'è da chiedersi, pertanto, se il sentire collettivo sia preferibile a quello individuale; se il "bello" condiviso sia accettabile in una posizione preminente su quello del singolo.
Il senso estetico collettivo muta. Muta in base al tempo, al contesto, alle società, ai gruppi sociali, alla critica, etc. Pertanto il bello non sta nell'opera ma - banalmente - negli occhi di chi guarda. Mai come adesso quindi - nella società dell'informazione e della velocità del trasferimento della stessa - "gli occhi di chi guarda" possono essere indirizzati (abbastanza facilmente) ed educati da chi ha i mezzi per poterlo fare.
La pubblicità, mi pare, è lo strumento principe per trasformare un'opera in un'opera d'arte, per creare consenso estetico condiviso. Per pubblicità intendo quelle forme di comunicazione volte a promuovere un consenso relativo a temi su cui esiste una divergenza, una presenza, o una assenza di opinioni.
Basti pensare a quanto fatto scientemente nella percezione del "bello" umano. La percezione comune di "bel uomo" e di "bella donna" si è progressivamente modificata nel tempo, favorendo specifici aspetti estetici, fisici e comportamentali, frutto di una vasta e complessa comunicazione veicolata attraverso svariati mezzi comunicativi (foto, film, comunicazione medica, televisione, pornografia, modelli umani di successo sociale ed estetico, concorsi di bellezza, moda, pubblicità, varie rappresentazioni visive, magazine, etc). Depilazione, grandezza del seno, imponenza dei glutei, quantità della pancia, lunghezza dei capelli, tonicità, opulenza, altezza, ed altri parametri sono misura di queste evoluzioni del "bello" umano.
In questo contesto, e con queste premesse, voglio presentarvi alcune opere. Opere che per tutte queste ragioni non sono certamente arte. Opere che mi piacciono e ritengo, per il mio modo di sentire, belle e comunicative. Sono i lavori di Sabrina Bonavera - "LaMayonese".
Tante volte presento qui produzioni che mi stimolano, spesso individuando opere di persone che vivono sparse per il pianeta. LaMayonese è una mia concittadina, così mi è facile guardarmi vicino, relazionarmi con questa persona per avere un punto di vista autentico sulle cose che realizza.
Quello che mi piace è il fatto che "impasta": una commistione di disegno, illustrazione, materialità, e tanto digitale. Mi piace la frequente presenza di testi, per la forma e per il contenuto. Mi piacciono le scelte cromatiche, la colorazione chiara, determinata, ma al contempo morbida, soffice, attenuata. Mi piace dare spazio alle immagini più che ad altre mie considerazioni personali.
In molti lavori di Sabrina Bonavera è musa di se stessa, in una ironica autoesaltazione sminuente. Così lei si racconta: "Sono LaMayonese, perchè sono bianchiccia e molle, l'alias è solo l'ennesimo diversivo di una vita che fino adesso è già stata troppo piena di Sabrina. LaMayonese è un avatar per essere mangiata, comprata, ricordata, scaricata e cliccata. Mia mamma dice che a tre anni avevo un quaderno di ritratti, seppur infantili, vestiti e scarpe, cose che continuano ad essere per me meravigliose. Mi piace l'illustrazione, mi piace illustrare me stessa, il mio stomaco. Le illustrazioni sin dai tempi delle elementari sono state sempre prettamente biografiche. Tanto che da quando io non esisto più (da 2 anni) non disegno più. Il lavoro che mi aprì gli occhi, che mi fece accorgere dell'utilità di una buona progettazione, e dell'importanza dell'illustrazione nella mia vita, fu un compito a scuola sulla Salomé di O. Wilde illustrata da Aubrey Beardsley.
Se potessi scegliere continuerei la strada intrapresa negli ultimi anni di accademia, una illustrazione pura ed immediata rivolta all'editoria per l'adolescenza tra l'infantile e il pensiero perturbante distintivo dell'adolescenza. Ma ci allontaniamo dal campo del lavoro e ci avviciniamo a quello della passione. Perchè a Messina non si può vivere di questo. Purtroppo per la mancanza che ho di me stessa mi ritrovo per la prima volta costretta a concentrarmi sul resto, il che mi porta alla mia attuale propensione per la fotografia, campetti sportivi, lungomare, mercati rionali, ville: con il teleobiettivo a prendere i pescatori che sistemano le nasse mentre bestemmiano a Dio.
Tante idee. Una in particolare: ma non ho i soldi per creare un collettivo di designer che lavorano insieme per portare avanti lo stile, l'ecosostenibilità, la cultura del libro illustrato e la creatività sotto lo stesso tetto con buoni margini di guadagno. Quindi nel frattempo faccio biglietti da visita insegne per meccanici e inviti ai 18esimi. L'ultimo lavoro degno di nota è Lo SQuaderno: Un libro per bambini in età prescolastica, un ausilio per le maestre delle scuole materne che ripercorre un pò ciò che sono stati gli insegnamenti di Munari, Piaget e Rodari riguardo allo sviluppo dell'immaginazione. Il mio lavoro preferito è Veranda. L'ho scritto ad Urbino, nella pace delle colline marchigiane, 22 pagine a colori 13x11. Mi fa piacere ricordare che abbia trovato la piena approvazione di Serena Riglietti (Harry Potter, Mondadori) della quale apprezzo il senso estetico".
Il sito web di riferimento: palettecreative.blogspot.it
Commenti
Posta un commento